Difetto di costruzione dell’auto. Risponde il produttore, non il distributore italiano.
Con la recente ordinanza 7 settembre 2023, n. 26135, la Corte di Cassazione ha posto fine ad un lungo contenzioso giudiziario che aveva visto contrapposto l’acquirente di un’automobile Audi e la Volkswagen Group Italia S.p.A.
L’automobile acquistata aveva presentato un vizio di costruzione, concernente il malfunzionamento del cambio automatico. Una Consulenza Tecnica disposta in Tribunale accertava che il costo delle riparazioni ammontava ad Euro 10.912,00.
Va premesso che, a mente dell’art. 116 del Codice del Consumo, sul fornitore grava una responsabilità indiretta (e non solidale), nel senso che egli risponde quando il produttore non è individuato ed il fornitore non comunichi le informazioni per identificarlo entro tre mesi dalla richiesta del danneggiato. Afferma la Suprema Corte che lo scopo della norma non è “rafforzare le probabilità di risarcimento del danneggiato, ma è soltanto quella di fare pressione nei confronti del fornitore per risalire rapidamente al fabbricante del bene”.
Nel caso in esame, la filiale italiana che distribuiva il veicolo, convenuta in giudizio dall’acquirente dello stesso, aveva fornito gli elementi utili ad individuare il produttore, per cui non le poteva essere imputata alcuna responsabilità. Tuttavia, l’acquirente aveva agito contro il distributore Volkswagen Group Italia S.p.A., che, in giudizio, eccepiva la carenza di legittimazione passiva. Ebbene, tale eccezione è stata accolta, ed infine confermata dalla Cassazione, che ha rigettato la domanda di risarcimento del malcapitato acquirente del veicolo, il quale ha dovuto pure sopportare le spese dei vari gradi di giudizio.
La sentenza ci lascia perplessi, atteso che per il consumatore non è sempre agevole individuare il soggetto responsabile. Al riguardo, segnaliamo che è stata recentemente sollevata una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE (ex art. 267 TFUE), appunto circa la possibile estensione al fornitore della responsabilità del produttore, nei casi in cui denominazione, marchio o altro segno distintivo del fornitore siano, in tutto o in parte, coincidenti con quello del produttore. Se la Corte di Giustizia accogliesse la questione nel senso più favorevole ai consumatori, casi simili a quello sopra ricordato si concluderebbero con l’accoglimento della richiesta di risarcimento danni.
Francesco Salimbeni