Alimentazione consapevole…” siamo ciò che mangiamo”
L’alimentazione consapevole non è un dogma, né una regola, né una dieta. E’ un approccio che riguarda l’ascolto e l’osservazione di sé e di quello che ci circonda.
Gli antichi Greci definivano, con la parola Dieta, il complesso delle norme di vita (alimentazione, attività fisica, riposo, ecc…) atte a preservare lo stato di salute. Nel corso del tempo il termine Dieta ha assunto un significato completamente diverso, in termini qualitativi e soprattutto quantitativi, mirante a correggere particolari condizioni cliniche a scopo terapeutico. Oggi i tempi sono cambiati e l’antico significato del termine Dieta è stato fatto proprio nel concetto di Alimentazione Consapevole, che guida l’individuo a riprendere il giusto rapporto con il cibo, quindi a mangiare non tanto per riempirsi ma per nutrirsi.
L’alimentazione consapevole, o Mindful Eating, si basa sulla conoscenza completa di ciò che si decide mangiare, per godere con tutti i sensi il cibo consumato, affinché si recuperi un rapporto più autentico e sano con il cibo stesso.
Quando ci alimentiamo, tutti e cinque i nostri sensi (vista, tatto, gusto, udito e olfatto) vengono coinvolti nella percezione del cibo; per questo mangiare è un’esperienza sensoriale completa.
VISTA
Il senso della vista viene coinvolto già prima del momento del pasto: quando acquistiamo un prodotto, siamo attratti dalla sua confezione, dal suo aspetto, dal suo colore. Successivamente, mentre mangiamo, la vista ha nuovamente un ruolo importante, in quanto l’aspetto del cibo stimola la produzione della saliva e dei succhi gastrici che preparano lo stomaco alla digestione.
OLFATTO
Il profumo di un cibo può rievocare un momento particolare o ci può far rivivere una sensazione. Chi non ricorda, infatti, almeno un profumo di un particolare piatto che cucinava per noi la mamma o la nonna quando eravamo piccoli? Nel momento del pasto, l’olfatto, come la vista, stimola in noi la produzione delle secrezioni (la famosa “acquolina in bocca”) e ci permette di capire se un cibo è fresco oppure no.
TATTO
Avete mai affondato la mano in un sacchetto di fagioli o di lenticchie? Avete mai impastato acqua e farina o mangiato il pollo con le mani? Con queste azioni attiviamo il senso del tatto, una sensazione unica e preziosa. Un noto detto recita: “Le mani sono le posate del re!” e infatti, toccare il cibo con le mani, poi con i denti, la lingua e il palato, ci aiuta a percepire la sua consistenza, influenza il nostro giudizio su ciò che mangiamo e ci dà piacere e appagamento.
UDITO
Cosa c’entra l’udito con il cibo? Anche l’udito entra in gioco in tutte le nostre scelte alimentari. Pensiamo a quando mordiamo una mela o la crosta croccante del pane; il rumore che sentiamo ci dà un senso di soddisfazione e ci invoglia a continuare a mangiare. Allo stesso modo, i rumori che sentiamo intorno a noi, quando siamo a tavola, ci predispongono al momento del cibo (l’acqua che bolle in pentola, il rumore delle forchette e delle stoviglie…).
GUSTO
Il gusto, infine, ricopre un ruolo senz’altro fondamentale: in bocca il cibo viene masticato e sprigiona tutto il suo sapore, che può piacerci, oppure no. Il nostro gusto varia, infatti, a seconda delle nostre abitudini alimentari, dell’età e di come abbiamo educato il nostro palato.
Bastano poche regole per iniziare ad approcciarsi al cibo in modo più attento. E consapevole…
Regola della naturalità: afferma innanzitutto che in un regime alimentare sano il cibo deve essere quanto più possibile prodotto con metodi naturali, biologici o biodinamici, quindi esente da sostanze chimiche di sintesi. Per intenderci in modo molto elementare, non esistono gli alberi o piante che producono brioche, caramelle, marmellate, creme spalmabili, tortellini, tofu, seitan, patatine fritte, ecc…Quanto più il prodotto che consumiamo ha subìto processi di trasformazione e altro, tanto più si allontanerà dal concetto di naturalità. Altri aspetti di questo principio sono legati alla stagionalità degli alimenti, quindi mangiare pomodori e cetrioli d’inverno, o agrumi d’estate, non permette di godere della vera energia che questi prodotti conferiscono perché saranno prodotti di serra o importati. È vero che nei supermercati trovi di tutto tutto l’anno, ma fare spesa in modo consapevole significa non cadere in tentazione verso alimenti non di stagione.
Regola della rotazione: Il principio della rotazione predispone a non avere un regime alimentare monotono. Pertanto essere inclini a mangiare solo mele in ambito della frutta e magari sempre lo stesso tipo di mela, quando ne esistono in natura più di 7000 varietà, significa “monotonia alimentare”. Ruotare il consumo di frutta, a seconda delle stagioni, ti permette di attingere a piene mani da tutte le preziose sostanze in essa contenuti; stesso discorso vale per le verdure. Preparare insalate solo con lattuga e pomodori, oltre a risultare insufficiente, rischia di diventare noioso quando è possibile godere dei colori e dei sapori di tante altre verdure che attendono solo di essere assaporate.
Regola della giusta quantità: ti insegna che a parità di quantità di cibo ingerito nel corso della giornata, la cosa cambia se lo assumi in modo concentrato o diluito nel tempo. Mangiare troppo durante un pasto rischia di intasare le linee metaboliche che porteranno al risultato di intoppi cellulari e non adeguata estrazione dei nutrienti. Per intenderci se hai l’abitudine di non fare un’adeguata colazione, o non farla del tutto come mi capita spesso di sentire, di fare un pranzo “al volo”, sarà inevitabile la sera arrivare a cena con la fame del mondo e non riuscire a esercitare il controllo su questo principio. Esiste anche un detto che recita: colazione da Re, pranzo da principi e cena da poveri.
Regola della distribuzione dei pasti: educa a ripartire correttamente la quantità di cibo ingerito. La classica ripartizione in colazione, pranzo e cena, più eventuali spuntini si adatta bene in condizioni di ritmi di vita non frenetici che portano a consumare pasti “al volo”.
Quali sono gli aspetti importanti che spesso trascuriamo?
Partendo dall’osservare dove ci troviamo, in che luogo e in che tempo possiamo iniziare ad essere consapevoli di cosa la natura ci offre. Il secondo passo è imparare a metterci in ascolto con noi, il nostro corpo, le nostre emozioni e la nostra mente e imparare a riconoscere i diversi tipi di fame che sentiamo in quel momento. Questo ci renderà liberi di scegliere. Il terzo passo è fare la spesa, cioè porre attenzione all’organizzazione di ciò che vogliamo mangiare e dove procurarcelo. Il quarto passo è cucinare. La cucina è come una meditazione e il vantaggio è che se non “meditiamo”, cioè se non stiamo in quello che stiamo cucinando, se non poniamo attenzione momento per momento il risultato della nostra cucina non sarà meraviglioso. Infine il quinto passo è mangiare. E essere presenti a noi stessi, a tutte le fami che ci stanno muovendo, alle sensazioni fisiche che stiamo provando (compreso il gusto, il tatto, il suono del cibo), alle emozioni che ci hanno portato a mangiare.
La famosa frase di Ippocrate “Siamo ciò che mangiamo” va intesa dunque in maniera molto più ampia: siamo ciò di cui ci nutriamo, siano esse emozioni, pensieri o cibo.
Angela Di Maio
Biologa Nutrizionista