Ancora sulla sentenza Lexitor e l’intervento della Corte Costituzionale. Prime applicazioni pratiche.
In questo numero ci occupiamo, in altra rubrica, della fondamentale sentenza della Corte Costituzionale, n. 263/22, pubblicata il 22.12.2022. Ricordiamo che essa si sofferma sulla sentenza “Lexitor”, della Corte di Giustizia europea, che prese il nome da una società polacca che esercitava il credito al consumo. La portata di tale rivoluzionaria sentenza della corte del Lussemburgo, venne circoscritta dall’art. 11-octies, comma 2, del Dl n. 73/2021 (Decreto sostegni bis – convertito con legge n. 106/2021), con il quale si limitava ad alcune tipologie di costi sostenuti il diritto alla riduzione spettante al consumatore, per il caso di estinzione anticipata del finanziamento. Ora la sentenza della Consulta ha eliminato tale limitazione, stabilendo la retroattività del diritto alla riduzione.
L’ulteriore novità è che già si rinvengono conseguenti applicazioni tra i Giudici di merito.
Con la recentissima sentenza n. 20 del 4 gennaio 2023, il Tribunale di Monza ha recepito il principio indicato dalla Corte Costituzionale. Nel caso in esame, il consumatore aveva stipulato un contratto di mutuo rimborsabile mediante cessione del quinto della retribuzione, estinguendo anticipatamente il finanziamento quando mancavano n. 97 rate residue rispetto alle n. 120 previste dal piano di ammortamento. L’Istituto aveva rimborsato al consumatore solo una parte dei costi del credito, ulteriori rispetto agli interessi pattuiti.
È molto interessante valutare le ragioni sulla base delle quali l’Istituto ha cercato di difendersi. In primo luogo ha opinato che la normativa secondaria, contenuta nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, aveva distinto, a tale proposito, i costi del credito ripartendoli nelle due categorie dei costi c.d. “recurring”, legati cioè alla durata del contratto, bensì anche quelli c.d. “up front”, sostenuti una volta per tutte all’inizio del rapporto, ed aveva stabilito che solo i primi fossero da rimborsarsi pro quota in caso di estinzione anticipata del contratto. In secondo luogo, l’Istituto si è appellato, appunto, alla disposizione del Decreto Legge n. 73/2001, che aveva sancito l’irretroattività della interpretazione della Corte di Giustizia europea.
Ebbene, il Tribunale di Monza ha preso atto che la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della citata disposizione, con riguardo alle parole “e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia”. Per l’effetto, ha confermato la condanna dell’Istituto al rimborso della quota non utilizzata dei costi del credito in caso di estinzione anticipata.
A modo di chiosa, non possono omettersi alcune riflessioni di politica del diritto. L’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia europea, di portata storica, ed a tutela dei risparmiatori, è stata contrastata sia dalla Banca d’Italia, sia dal nostro Legislatore, i quali hanno approvato norme incostituzionali, al solo fine di tutelare gli interessi delle banche, contro i consumatori. Ancora una volta, la politica e le istituzioni di garanzia, hanno tradito il loro compito, soggiacendo alla legge del più forte, fino a quando l’Europa, per il tramite della Corte Costituzionale, ha uniformato l’essere al dover essere. Intervento, quest’ultimo, inevitabile, atteso che da circa quarant’anni la Corte afferma la prevalenza del diritto comunitario, a vario titolo, ivi incluse le interpretazioni fornite dalla Corte del Lussemburgo.
Francesco Salimbeni