
Appalto di lavori in condominio
Responsabilità per vizi.
Con sentenza del 5.5.2025, n. 1360, il Tribunale di Nola ha condannato una impresa appaltatrice a risarcire un condominio, con riguardo alla cattiva esecuzione dei lavori di manutenzione del fabbricato. La sentenza offre l’occasione per ricordare alcuni principi regolatori di questa materia.
Nel caso di specie, l’appalto aveva ad oggetto il rifacimento della facciata della palazzina. Quasi tutti i piani dell’edificio presentavano screpolature dell’intonaco, sia sui frontalini che sui sottobalconi, accompagnate da un’esfoliazione localizzata, con conseguente distacco e c.d. arricciatura. Il condominio ha chiesto di accertare l’inadempimento della convenuta e condannarla al risarcimento del danno, pari al costo delle opere finalizzate alla rimozione dei difetti.
In generale, in materia contrattuale, il creditore che agisca per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte (contrattuale o di legge) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi a dedurre che la controparte è inadempiente. Spetta poi a quest’ultima, nel caso di specie l’impresa appaltatrice, dimostrare di aver adempiuto (cfr. Cassazione, Sez. Un., 30/10/2001, n. 13533; 20/01/2015, n. 826; 10/06/2021, n. 16324).
In tema di appalto, ai sensi dell’art. 1668 del codice civile, il committente può richiedere che i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno. Il risarcimento del danno costituisce rimedio alternativo ed autonomo, rispetto alla riduzione del prezzo ed alla risoluzione del contratto (cfr. Corte d’Appello di Napoli, 19/09/2019, n. 4548; Cassazione, 24/10/2019, n. 27359; 02/08/2002, n. 11602; 05/03/1979, n. 1386).
Nel caso in esame, il Tribunale ha nominato un Consulente Tecnico, il quale ha accertato i vizi lamentati dal condominio, quantificando il costo delle opere necessarie per eliminarli. Inoltre, il Giudice ha seguito l’orientamento secondo cui la somma liquidata a favore del committente per l’eliminazione dei vizi e difformità dell’opera, a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo di cui all’art. 1668 c.c., ha ad oggetto un c.d. “debito di valore” dell’appaltatore, che deve essere rivalutato in considerazione del diminuito potere d’acquisto della moneta intervenuto fino al momento della decisione (v. Cassazione, 21/06/2023, n. 17710).
Infine, il Tribunale ha liquidato il c.d. danno da ritardato conseguimento delle somme dovute a ristoro. Ciò alla stregua dell’insegnamento della Cassazione (cfr. Cass., sez. un., 17/02/1995, n. 1712) con la tecnica degli interessi, e con la precisazione che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr. Cassazione, 10/10/2014, n. 21396).
Ricordiamo che, ovviamente, la responsabilità dell’appaltatore è soggetta a prescrizione. Decennale, ai sensi dell’art. 1669 cod.civ., in caso di gravi difetti, ed in tal caso il committente ha l’onere di denunciare i vizi entro un anno dalla scoperta (Cassazione, SS.UU., n. 7756/2017). Biennale, ai sensi dell’art. 1667 cod. civ., e in questo caso la denuncia va fatta entro 60 giorni dalla scoperta. In entrambi i casi, per scoperta non si intende il manifestarsi del vizio, ma l’accertamento che esso sia riconducibile al lavoro svolto, male, dall’appaltatore. Quando, invece, l’appaltatore riconosce espressamente che l’opera da lui realizzata presenta alcuni difetti, in tal caso inizia a decorrere un autonomo termine di prescrizione decennale, ai fini dell’azione di responsabilità, che non è soggetto ad obbligo di denuncia, dal momento che è l’appaltatore stesso ad avere riconosciuto la presenza dei vizi (Cassazione S.U. 10342/2020).
Prima di concludere, ci si potrebbe chiedere: come distinguere i difetti gravi, per i quali si può agire entro dieci anni, da quelli che tali non sono, soggetti al minor termine prescrizionale di due anni? I primi sono quelli tali da pregiudicare la normale possibilità di godimento dell’immobile. La nozione è correlata alle conseguenze che dal difetto siano derivate o possano derivare, e non è esclusa di per sé dalla modesta entità, in rapporto all’intera costruzione, del singolo elemento che ne sia affetto (cosi Cass. 1423/2019).
Ad esempio, sono stati considerati gravi difetti quelli concernenti: le opere di pavimentazione e quelle di installazione di impianti (Cass. n. 1608/2000); le infiltrazioni d’acqua, l’umidità nelle murature, l’impermeabilizzazione (Cass. nn. 84/2013, 21351/2005, 117/2000); l’ascensore (n. 20307/11); l’impianto idrico (nn. 18061/2023, 3752/07); la fossa biologica (n. 13106/1995); l’impianto di riscaldamento (nn. 11740/2003); la canna fumaria (Cass. n. 5252/1986).
Francesco Salimbeni