05 Ago

Prezzi alle stelle, aumenti che colpiscono la vita quotidiana

Il Governo offre la social card “dedicata a te.” Un buono d’acquisto di 382 euro, destinato solo ad una parte di coloro che ne hanno bisogno.

Andando a fare la spesa nei vari supermercati, con il carrello in mano e la lista dei generi da acquistare, bene impressa in mente, forti della nostra singola esperienza, siamo convinti di sapere già quanto andremo a spendere ma, nonostante le consolidate abitudini, ultimamente le nostre certezze, sono venute meno. La realtà, infatti, ci insegna, che il momento della sorpresa è quando la cassiera ci presenta il prezzo finale da pagare. Il più delle volte impreparati, pensiamo subito di aver commesso degli errori, magari di aver preso dei prodotti in più, o di averni acquistati alcuni sbagliati. Purtroppo, niente di tutto questo. La verità è molto più semplice, i prezzi sono aumentati. In questo periodo, si parla tanto di dati economici positivi, di disoccupazione in netto calo, ma, anche se sembra rallentare, l’inflazione continua a danneggiare la nostra vita quotidiana e la nostra ripresa. Quasi tutti i prodotti che acquistiamo giornalmente, dalla pasta all’olio, alle verdure, ai frutti di stagione, sono aumentati con una percentuale che è pari all’11,2%.

Un aumento che è stato stimato, per le famiglie con due figli di 861 euro l’anno, e per quelle con tre figli, di 1.029 euro. In molti casi, stiamo parlando di quasi uno stipendio che spendiamo solo per gli aumenti che ci sono stati.

Gli aumenti che più sorprendono sono quelli del prezzo del riso, che è aumentato del 32,4%, dell’olio d’oliva che ha subito un rincaro del 26,6%, delle patate, con un aumento che è del 26,5%, della pasta che è aumentata del 12,1%. Non solo, è aumentato il prezzo dei gelati, delle bibite analcoliche e dei succhi di frutta, tutti i prodotti che consumiamo quotidianamente e che incidono sull’economia familiare.

Le ragioni di questi aumenti sono molteplici ma, per comprenderli, la prima cosa che dobbiamo fare è cercare di non contestualizzare il momento storico dell’inflazione con quello dell’acquisto e comprendere che in realtà, i prodotti che acquistiamo, sono il frutto di un processo produttivo, che ha i suoi tempi che sono iniziati quando le materie prime, a causa delle tristi vicende internazionali, come la guerra Ucraina Russia hanno iniziato a scarseggiare, con il conseguente aumento dei carburanti e quindi dei trasporti delle merci, o più semplicemente, della siccità o delle alluvioni come quelle che hanno colpito l’Emilia Romagna che ha inciso sulla produzione di frutta e verdura, comportando l’aumento del costo finale.

Quest’ultimo drammatico fenomeno, che ha colpito L’Emilia-Romagna, ha causato un danno enorme anche alla produzione di alcuni specifici prodotti, come ad esempio i pomodori.  Basti pensare che quella regione ne produce oltre 1/3 dell’intera produzione italiana destinata alla trasformazione. Ben il 34% del totale dei prodotti dei pomodori, raccolti in Italia e destinati alla produzione di passata di pomodoro, di polpe, di pelati e concentrati, sono raccolti nella regione emiliana. Oltretutto, non dobbiamo dimenticare che l’Italia è una delle principali produttrici a livello mondiale. Qui da noi, infatti vengono prodotti oltre il 15% dei pomodori necessari all’industria di trasformazione e, in questo specifico settore, siamo terzi al mondo preceduti soltanto dalla California con il suo 26% e dalla Cina con il 17%. L’Italia raggiunge il primo posto a livello mondiale come produttore di conserve destinate al consumo ed esporta il 60% di quanto produce. Numeri che ci rendono orgogliosi ma che contemporaneamente ci fanno comprendere quanto drammatico sia stato l’evento dell’alluvione che ha colpito L’Emilia-Romagna e quali conseguenze, a livello economico, purtroppo, ha comportato. Attualmente sui banchi dei supermercati l’aumento delle passate di pomodoro, rispetto allo scorso anno, è addirittura del 22%.

Certo ci sono stati anche dei prodotti che hanno fatto registrare una diminuzione dei prezzi, come ad esempio l’olio di semi di girasole, il caffè e le zucchine. Attenzione però, stiamo parlando di prezzi che per quanto possano essere diminuiti, sono comunque superiori rispetto a quelli di due anni fa, al punto tale che se prima per acquistare dei prodotti si spendevano 70 euro, ora, per fare la stessa spesa, nel occorrono almeno 100. Questo è l’impietoso rapporto tra i costi sostenuti nel 2021 e i costi che si sostengono oggi.

Per giustificare questi aumenti, abbiamo posto l’attenzione sull’evento bellico che ha coinvolto l’Europa dell’est e su eventi naturali, dovuti al clima, ormai irrimediabilmente diverso rispetto a quello a cui erano abituati, con conseguenze che abbiamo soltanto imparato a conoscere e che, a detta degli esperti, saranno sempre più frequenti negli anni a venire.

Non ultimo però è il fenomeno della speculazione. Su questo problema il governo e l’unione europea devono concentrare tutti i loro sforzi affinché, dopo aver superato la battaglia contro gli speculatori dei servizi energetici, si possa superare anche quella contro coloro che intendono speculare sulla guerra e sugli eventi naturali. Dopotutto abbiamo riscontrato che almeno in questo ultimo periodo i prezzi dei prodotti petroliferi, rispetto al passato recente, si sono abbassati fino al punto da rendere ingiustificati molti rincari, i quali, molto probabilmente, sono proprio il frutto di vera e propria speculazione. Occorre maggiore attenzione e intervenire per controllare tutta la filiera della produzione ed operare in modo tale da indurre la banca centrale europea a non intervenire costantemente sull’aumento dei tassi che finiscono col produrre soltanto rincari ed aumenti sconsiderati.

In merito, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in una recente intervista, ha sottolineato come: “L’allarme sui prezzi resta alto perché l’inflazione è il nostro problema. Abbiamo vinto la battaglia contro gli speculatori in campo energetico, ora chiediamo alla Bce più cautela sui tassi perché c’è il rischio recessione”.

Tornando alle spese sostenute dalle famiglie, il Governo ha pensato bene di proporre una soluzione tampone ed estemporanea, la social card “dedicata a te” che si attiverà a fine luglio e consentirà a famiglie povere di poter fare acquisti fino a 382 euro. Uno strumento, a nostro parere, molto discutibile, perché prende in considerazione tre parametri che ci lasciano alquanto perplessi. Il primo consiste nel fatto che la social card è incompatibile con sussidi di disoccupazione, indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria, fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito, reddito di cittadinanza e qualsiasi forma di integrazione salariale pubbliche per chi si trova in uno stato di disoccupazione involontaria. Il secondo parametro è reddituale, ossia, il bonus è destinato a tutti i nuclei familiari che hanno un reddito ISEE inferiore a 15.000 euro, infine, il terzo, fa riferimento alla composizione dei nuclei familiari, stabilendo che possono ricevere questa social card solo ed esclusivamente le famiglie composte da almeno tre persone, come dire, che le famiglie composte da due persone, non hanno diritto a questo bonus. Pensare agli anziani soli e spesso malati, ai disabili, alle vedove con un figlio da crescere e sapere che non beneficeranno di questo piccolo dono, francamente ci lascia con molto amaro in bocca fino al punto di farci pensare che è l’ennesima occasione sprecata.

In ogni caso, per ottenerla non si dovrà fare assolutamente nulla, in quanto, saranno i comuni a fornire direttamente gli elenchi alle poste che provvederanno a trasmettere, ai singoli cittadini, la social card, la quale dovrà essere attivata entro il 15 di settembre e dovrà essere utilizzata per intero entro il 31 dicembre, pena la cancellazione. A beneficiarne saranno circa 1.300.000 famiglie alle quali sono destinati 500 milioni di euro. Un sollievo in un momento di difficoltà, la vera grande ingiustizia, resta la considerazione delle troppe famiglie ingiustamente escluse.

Sabrina Greci

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